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Vegvisir, Galdrastafir e Ægishjálmr

Il Vegvisir è un simbolo ritrovato in Islanda in un manoscritto del 1880, l’Huld Manuscript, composto da Geird Vigfusson. Erroneamente si ritiene che tale simbolo sia di origine vichinga e che fosse usato come protezione per navigare in acque poco sicure.  Il Vegvisir è accompagnato dalla seguente frase in lingua norrena: “Beri maður stafiþessa á sér villist maður ekki í hríðum né vondu veðri þó ókunnugur sá”, che si traduce pressappoco con “Se qualcuno porta con sé questo simbolo, non perderà mai la propria strada nella tempesta o nel cattivo tempo, anche se percorre una strada a lui sconosciuta”. Ciò a fatto credere che venisse tracciato come bussola magica sulle navi per non perdere la strada di destinazione. Infatti il Vegvisir viene conosciuto anche come “bussola runica o compasso runico”. A parte il fatto che nel simbolo non sono presenti Rune (!), c’è inoltre da dire che ad oggi non è mai stato trovato alcun reperto di nave, o parte di essa, contenente il Vegvisir. Oltre a ciò anche il manoscritto citato (dove si ritrova il simbolo in maniera quadrata) riporta una data ben lontana dall’epoca vichinga.

Ma la cosa che evidenzia la discrepanza con i vichinghi stà nel fatto che lo stesso simbolo appare chiaramente in una pagina del manoscritto chiamato “Il Codice di Harley 5596”, testo di magia greco-bizantina datato 1400, strettamente legato alla “Chiave di Re Salomone”, grimorio che non lascia dubbi sulla sua provenienza esoterica…

E’ possibile che lo svarione sia dovuto al fatto che il Vegvisir è annoverato tra i Galdrastafir, il cui termine è si una parola norrena, ma dove il contenuto riporta simboli di una tradizione magica dell’Occidente, anch’essa influenzata dai grimori salomonici. Nella scomposizione del nome norreno galdra-stafir si può notare come la prima parola sia direttamente connessa con i “canti magici” (galdrar), menzionati nell’Ynglinga Saga quando si fa riferimento agli Άsen come Fabbri di Canti Magici (Galdrasmiðir) quindi formule magiche cantate o sussurrate, incise anche su bastoni di legno (stafar al plurale, sul singolare stav o staf ). A rigor di logica quindi i galdrastafir sono bastoni sui quali venivano incise Rune e/o Formule magiche che venivano poi cantate (invocazioni).

L’Ægishjálmr poi, è registrato nel Galdrabók d’Islanda “Libro magico” d’Islanda, grimonio datato intorno al 1600 d.C. , e conosciuto anche come “Elmo del Terrore” che appare altresì nella Saga dei Volsunghi, quando Sigfrido prende l’elmo dal tesoro custodito da Fafnir:

Dice Fafnir: “Ægishjalm bar ek di alda sonum, meðan ek di menjum lák; einn rammari humðumk öllum vera, fannk-a ek svá marga mögu.” (L’elmo della paura che indossavo per spaventare l’umanità, mentre custodivo il mio oro, più potente di altro uomo, per un più feroce non ho trovato mai)

Risponde Sigfrido: “Ægishjalmr bergr einungi, hvar skulu vreiðir vega; þá þat finnr, er með fleirum kemr, at engi er einna hvatastr.” (L’elmo della paura nessuno sicuramente lo protegge quando un nemico valoroso, spesso uno trova, quando incontra il nemico che non è il più coraggioso di tutti).

Si parla di un “elmo del terrore” indossato per incutere paura ai nemici, ma non c’è un simbolo che riporti a questo terrore. E onestamente il simbolo relativo, dell’incutere terrore ha decisamente poco. Intanto non è un simbolo runico benchè si possano individuare degli elementi che parrebbero simili alla Runa Algiz ripetuta 8 volta (stessa ripetizione numerica del Vegvisir). Inoltre la funzione della Runa in questione non ha nulla a che vedere con il terrore… semmai il contrario.

Insomma le discrepanze per dire che siano simboli vichinghi sono tante, oltre il fatto che sempre nell’immagine del Codice sopra ritroviamo anche una versione quasi identica all’Ægishjálmr (si vedano le immagini qui sotto).

Con beneplacido dei cultori di questi simboli che si possono tatuare ciò che vogliono ovviamente, ma che sappiano che con la magia norrena-germanica questi simboli c’entrano decisamete ben poco.

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